La Cina resta la fabbrica del mondo, ma si appresta a diventare anche il suo più grande mercato. Negli ultimi dieci anni il Pil è cresciuto in media del 10% (più 8,7% nel 2009 della gelata) e 300 milioni di persone ingrossano la nuova classe media più in espansione del pianeta. Entro dieci anni i cinesi «forti consumatori» saranno almeno 600 milioni. Oltre a rappresentare la piazza di vendita interna più ricca della terra, e più liquida della stessa Europa, il traguardo coronerà la più straordinaria impresa economica della storia. La Cina sarà il primo esportatore, il primo importatore e il primo consumatore del mondo e secondo gli analisti la Borsa di Shanghai avrà sostituito Wall Street nel primato degli scambi finanziari. Il boom del secolo spiega perché la corsa verso Oriente si fa sempre più combattuta. Sul treno della speranza c’è ora anche l’Italia. Scontiamo gli errori degli ultimi vent’anni, la lentezza della reazione dopo il crollo del Muro di Berlino e la demagogia anticinese. Il vento però è cambiato e il nostro Paese si trova in una posizione meno arretrata di quanto comunemente si percepisca. Le imprese italiane in Cina sono oltre 2mila, gli impianti produttivi 600. In quindici anni, ufficialmente, abbiamo investito 2 mila miliardi di euro, a cui vanno aggiunti almeno altri 2mila girati dai paradisi fiscali, a partire da Hong Kong. Siamo quarti in Europa, per interscambio, dietro a Germania, Francia e Olanda. Quest’ultima deve però la sua posizione ai grandi porti e se si escludono le merci in transito, l’Italia è il terzo partner Ue della Cina.
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